Madremia: tradizione e sperimentazione
In una tarda serata di maggio, trovare la disponibilità ad accoglierti in una pizzeria non è da tutti. Poi metti che ti è stata consigliata dall’amico chef Angelo Limone; aggiungi che l’ingrediente principale è il lievito madre e che il patron chef Giovanni Arvonio è della scuola Alma di Gualtiero Marchesi, mai scelta fu più azzeccata di “disturbare” Madremia.
Da Madremia, il mastro pizzaiolo Mariano Testa custodisce e rinnova quotidianamente un lievito madre secolare che lui alimenta da 10 anni. Noi ci siamo affidati proprio a lui per la scelta delle pizze.
Ci ha voluto deliziare con un classico della pizzeria, naturalmente rivisitato, “la marinara a modo nostro”, e un piazza legata ad un classico, invece, della cucina italiana, anche questa rivisitata, “la Genovese sbagliata”.
Non potevamo che rimanere piacevolmente sorpresi per i gusti variegati e ben miscelati con alcune delle eccellenze territoriali.
Naturalmente la nostra attenzione si è soffermata sull’impasto. Niente farina doppio zero, ma un blend di farina di grani antichi e farina “0”, unite entrambe dall’8% di quel lievito madre secolare.
Un rito, quello del rinnovamento del lievito che affascina ed emoziona. La stessa emozione che, assieme alla “fatica” traspariva dagli occhi di Mariano!
Non si può non menzionare la presenza della sommelier Sofia Aliberti, che impreziosisce l’esperienza con gli abbinamenti pizza vino e non solo. La sperimentazione di Sofia, va ben oltre i consigli in tema enologico, ma, per chi volesse, si affacciano al mondo dell’olio e delle acque.
Ricordiamo con particolare emozione (si, emozione!) il consiglio sul babà caldo con crema chantilly e amarene abbinato ad un digestivo alla camomilla e alle erbe del Vesuvio.
L’Irpinia aveva proprio bisogno di recuperare quel gusto di tradizione unita alla sperimentazione che Madremia ha saputo ben cogliere, rivolgendo il proprio sguardo al futuro.