I Salotti del Patriarca: una cena toscana e il futuro visto da chef Maccari.
Immaginate di andare a cena da quell’amico che ha la casa bella, classica ed elegante con tanti dettagli da scoprire. “I Salotti del Patriarca” ricorda proprio questa casa: un posto dove lasciarsi coccolare, corpo e spirito, dagli “amici” dello staff di sala e dalla chef Katia Maccari.
Siamo in località Querce al Pino, a Chiusi, nella provincia senese.
Un viale fatto di piccoli ciottoli, dalla strada ti porta su uno spiazzo. Da qui ammiri l’antica residenza del XIX secolo, amabilmente ristrutturata, caratterizzata da un piacevole rosso pompeano e da muri in pietra. L’ospite si sente accolto e “avvolto” da questa suggestiva cornice di verde e di arbusti in fiore.
Passeggiando per i “salotti”, passo dopo passo, siamo accompagnati dal campano Sommelier Orlando Bottillo. Lungo il percorso, non passa inosservato un prosciutto di cinta senese, adagiato sul tavolo che ci strizza l’occhio per dirci “tranquilli, ci vediamo tra un po’”. Se non ce lo avesse “fatto capire”, glielo avremmo fatto capire noi.
Un ampio tavolo tondo, perfettamente apparecchiato, in una sala adiacente a quella principale ci attende. Lo staff tutto di sala si adopera per farci sentire a nostro agio nel “salotto di casa”.
Dal tavolo intravediamo una porta, che pare racchiudere un vero e proprio scrigno: si vedono bottiglie elegantemente sistemate che sono parte di una cantina molto più ampia e variegata. Il sommelier ci ricorda che la cantina de “Il Patriarca”, un tempo, ha avuto qualcosa come 4000 etichette: pura meraviglia.
Un bellissimo Champagne De Sousa Tradition ci accompagna nella scelta dei due menu (in realtà sono 3, ma, dopo la vista della cinta senese, quello vegano era già accantonato -ove mai fosse stato preso in considerazione-).
Altra chicca che ci ha colpiti sta nel fatto che la proprietà produce, con l’azienda agricola, gran parte degli ingredienti che vengono utilizzati per i piatti: dalla pasta alle carni (suini e agnelli), ma, soprattutto, il proprio extravergine.
Si è optato per … entrambi naturalmente: il primo, il “Classico”, che, al suo interno, ha tutti i piatti che hanno reso stellata chef Maccari, la quale conserva la sua stella dal lontano 2005. “Evoluzione” invece è il menu che si specchia nel futuro: radici ben salde nella tradizione della cucina del bel paese e che amplia gli orizzonti provando, con successo, a guardare oltre.
Non possiamo non segnalare, in particolare, il “Lollipops, ricciola e limone, inside, burro vegetale al cioccolato bianco e sale maldon affumicato, outside”, servito nell’entrée; i “Bottoncini di patate e pecorino”, gli “Spaghetti alla chitarra”, il “Risotto al vino Nobile” e il “Filetto di Chianina”. Portate che fotografano alla perfezione le doti, già ben note, di Katia Maccari e la sua brigata.
A fine serata, abbiamo incontrato la chef. Abbiamo avuto conferma di quello che si era percepito dai suoi piatti: una donna forte, decisa, poche parole ma dette con grande personalità e, allo stesso tempo, donna gentile e disponibile al dialogo (nonostante fosse ormai tarda sera!).
Certamente un plauso va al sommelier Orlando Bottillo per essere stato capace di emozionarci col suo servizio impeccabile e la sua proposta alla scoperta di vini di nicchia della Toscana.
Somaio bio della cantina Croce di Febo, un macerato di grande carattere che affina in anfore di cemento e viene (come in etichetta) pigiato con i piedi rimembrando i tempi che furono. Rosso di Montepulciano della cantina Macchiane ottenuto da Prugnolo Gentile in purezza. Poggio ai Chiari – Fabio Cenni Colle Santa Mustiola, supertuscan a base Sangiovese da ben ventotto cloni diversi di cui cinque prefillossera, affina per sessantasei mesi (in commercio attualmente la 2011!). Infine, un colpo di classe: ci ha proposto un whisky torbato scozzese (straordinario!) accompagnato da latte e acqua ghiacciata… Chapeau!
Come pure è da segnalare una carta delle acque completa e ben strutturata con proposte nazionali ed internazionali.
Torneremo? Certamente, anche perché c’è una faraona che ci aspetta: vero chef?